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3.10.2025

Santi e monti di Giovanni Moro

Inaugurata la mostra allestita in Fondazione Friuli, visitabile gratuitamente fino al 19 ottobre


A Palazzo Antonini Stringher la Fondazione Friuli, in collaborazione con il Centro Friulano Arti Plastiche (CFAP), ha inaugurato la mostra “Il colore della nostalgia nella tavolozza di Giovanni Moro”, che vede protagoniste le 27 opere dell’artista carnico, donate lo scorso giugno dalle eredi. La maggior parte dei lavori, in particolare, torna in Friuli dall’Australia, grazie alla generosità della nipote Maria Teresa Savio Hooke.

“È una mostra che nasce da un atto d’amore – ha commentato il presidente della Fondazione Friuli, Bruno Malattia –. L’amore di Giovanni Moro per la sua terra che si percepisce dai suoi quadri ed è lo stesso amore che ha trasmesso anche alla discendente che, seppur lontana, coltiva altrettanto forte questo sentimento per il luogo delle proprie radici”.
I saluti del CFAP sono stati portati da Bernardino Pittino, che ha ringraziato la Fondazione Friuli per aver concesso in gestione i prestigiosi spazi al piano terra del palazzo, dove continuamente si rinnovano le mostre: quest’anno saranno ben 18. L’obiettivo è restituire visibilità e valore ai numerosi talenti artistici friulani. Così, dopo le esposizioni dedicate a Baldan e Biban, ora è il turno di Moro ed entro fine anno ci saranno quelle dedicate a Mitri e Dora Bassi.
Nato a Ligosullo nel 1877, Giovanni Moro fu il terzogenito di una famiglia di dodici figli, sviluppando sin dalla tenera età una spiccata passione per il disegno. La sua attività si colloca tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento, prevalentemente all'interno dei confini dell'Impero austro-ungarico, dove si affermò grazie a significative imprese decorative. Sia prima che dopo la Grande Guerra, Moro si dedicò alla realizzazione di numerose pale d'altare. Adottò uno stile caratterizzato da un naturismo fluido, arricchito da riferimenti neo-settecenteschi. Questa produzione fu cruciale, in particolare per le molteplici chiese ricostruite negli Anni Venti in tutto il Friuli, dalla Carnia all'Isonzo. Oltre a distinguersi nell'arte sacra, Moro fu anche un apprezzato paesaggista. Il suo lavoro contribuì in modo significativo a creare un nuovo immaginario dell'alta quota, esplorando e narrando per la prima volta i paesi e i panorami tra Sappada e la sua Carnia natale. Le sue tele catturavano scorci pittoreschi, la natura selvaggia, l'architettura spontanea, ancone votive, sentieri e la vita degli animali al pascolo. Per molti anni visse a Udine, dove allestì il proprio laboratorio. Morì improvvisamente nel 1949.
“Giovanni Moro – ha illustrato la storica dell’arte Isabella Reale, che è anche componente dell’organo di indirizzo della Fondazione Friuli – fu una figura costante e apprezzata nelle mostre allestite in Friuli durante gli Anni Venti. La sua attività fu particolarmente intensa nelle chiese ricostruite dopo la Grande Guerra. L'elenco delle sue decorazioni di carattere religioso è vasto e comprende interventi in località come Fiume, Castagnevizza, Sdraussina, Farra, Treppo Carnico, Sutrio, Ravascletto, Enemonzo, Arta, Ampezzo, Socchieve e Sammardenchia di Pozzuolo. Queste opere sono caratterizzate da un linguaggio figurativo sciolto e narrativo, spesso con richiami neo-settecenteschi. Il nucleo più intimo del lavoro di Moro, che rivela la sua ispirazione religiosa e il sentimento del paesaggio, è ben testimoniato dalla donazione effettuata dalle sue eredi. I 27 dipinti donati dalla nipote Maria Teresa Savio Hooke e da una dei figli dei cugini Nicoletta Rossi Beltrame, composti prevalentemente da studi, bozzetti e opere finite, raccontano la sua intera vena pittorica, definita da un approccio tonale ed elegiaco”.

La mostra di Giovanni Moro è visitabile gratuitamente fino al 19 ottobre: il venerdì dalle 16:30 alle 19:30, il sabato dalle 10 alle 12:30 e dalle 16:30 alle 19:30, la domenica dalle 10 alle 12:30 e dalle 16:30 alle 19:30.