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31.10.2021
La Fondazione Friuli collabora alla mostra "La città murata nel segno di Dante"
La Fondazione Friuli collabora alla mostra “La città murata nel segno di Dante” organizzata dal Comune di Monfalcone e dall’Associazione Ponti d’Europa”, in corso fino al 7 novembre presso la Galleria Comunale d’Arte Contemporanea a Monfalcone con ingresso gratuito, prestando un importante dipinto appartenente alla nostra collezione: Domenico Someda (Rivolto, 1859 – Udine, 1944), Guido Novello da Polenta e i cittadini di Ravenna visitano la salma di Dante, 1925, Olio su tela, 277x358 cm.
In occasione del sesto centenario della morte di Dante, Domenico Someda, pittore votato fin dai suoi esordi alla rievocazione storica e a grandi composizioni di impatto scenografico, dedica una delle sue spettacolari tele alla ricostruzione dell’estremo omaggio al Poeta da parte di Guido Novello da Polenta, signore di Ravenna, e della sua corte. Stando alla vicenda biografica nota, nel 1318 Dante allontanatosi da Cangrande Della Scala, signore di Verona, viene accolto da Guido Novello da Polenta, podestà della città di Ravenna dal 1316 al 1322, di cui era nota la sensibilità per le arti e per la cultura. Guido infatti ospita e supporta economicamente il Poeta che a sua volta si fa portavoce a Venezia di un’ambasceria presso il Senato della Serenissima, con il fine di mediare i contrasti sorti a livello commerciale tra Ravenna e la potente flotta mercantile veneziana. Durante il viaggio tra le paludi delle Valli di Comacchio Dante contrae la malaria che lo porterà alla morte avvenuta a Ravenna nella notte tra il 13 ed il 14 settembre 1321. Guido Novello rese tutti gli onori al Poeta con solenni funerali nella basilica di San Francesco, alla presenza dei figli di Dante e delle autorità cittadine. Ed è a Ravenna, stando alla tradizione agiografica, che Dante aveva trovato l’ambiente ideale per concludere il lungo lavoro della Commedia, facendosi raggiungere dai suoi tre figli, Jacopo, Pietro e Antonia, e sempre il soggiorno ravennate gli sarà d’ispirazione per la triste vicenda d’amore di Paolo e Francesca, i due amanti adulteri e per questo condannati nel cerchio dei lussuriosi all’Inferno nel Canto V.
L’impressione, di fronte al quadro di Someda, e alla sua ricchezza di dettagli di ambiente, di costume, è di assistere a una scena da tableau vivant, per le sue scoperte intenzioni teatrali e melodrammatiche: in questa composizione di forte impatto dimensionale, tutti gli attori di fatto sono al loro posto, e inginocchiata in primo piano si strugge nel dolore la figlia di Dante, Antonia, fasciata in un abito blu dai riflessi cangianti, che col nome di Beatrice si farà monaca nel monastero di Santo Stefano degli Ulivi a Ravenna. In primo piano, con lo sguardo attonito, Guido Novello, dalla lunga barba grigia come il robone foderato di pelliccia, accanto alla moglie Caterina, dei conti Malvicini di Bagnacavallo. Tutt’intorno, tra i vari altri astanti, dame di corte, occasione per un attento studio degli abiti, tra eleganti vesti seriche e broccati, e i frati in preghiera che accoglieranno e custodiranno le spoglie del Poeta nel chiostro del convento francescano.
La scoperta teatralità della scena, che si connette a una serie di “grandi compianti” dipinti in questi anni da Someda, comprendente anche la morte di Torquato Tasso e quella di Ermenegarda, quest’ultima rimasta allo stadio di bozzetto, sottolinea l’attaccamento alla maniera tardo ottocentesca della pittura storica maturata in ambiente romano, dove Someda opera, spaziando dai grandi e coinvolgenti formati di ispirazione risorgimentale animata dalla macchia di Giovanni Fattori, agli accenti di evocazione simbolista di Domenico Morelli. Da quella tradizione di verismo e di sperimentazioni tecniche, l’artista deriva oltre che la predilezione per i grandi formati, anche la ricerca di effetti pittorici affidati a una pennellata compendiaria, sfrangiata, tra lo sfarfallare delle luci che smaterializzano le forme: qui, ai bagliori della finestra gotica, si sovrappone una potente sorgente luminosa che da destra guida la lettura dei tanti particolari, e dalla penombra emergono, tra studiati riflessi, i volti, il bianco candido del guanciale su cui riposa il Poeta, avvolto in un manto rosso su cui fluttua il fumo della lampada nel primo piano.
Acquisita dalla Cassa di Risparmio di Udine, è stata esposta presso la Galleria Marangoni di Udine e con le collezioni dell’istituto di credito e transitata nel patrimonio afferente alla Fondazione Friuli.