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Dal 4 luglio al 20 luglio 2025

Udine, Spazio espositivo della Fondazione Friuli - dal 4 al 20 luglio 2025 venerdì 16.30 - 19.30 sabato e domenica 10.00 - 12.30 / 16.30 - 19.30

PRIMO DRI PITTORE TRICESIMANO LIRICO INTERPRETE DEL FRIULI


Nasce a Tricesimo nel 1905 in una grande famiglia di artigiani, impegnata in una impresa di costruzioni in cui Primo prende a lavorare dopo il diploma elementare. Frequentando i corsi serali di disegno scopre di essere particolarmente predisposto verso la pittura, ma il lavoro ha il sopravvento e solo all’età di vent’anni questa passione si riaccende. Nel 1925 è a Venezia, ai corsi serali dell’Accademia di Belle Arti. Nel 1927, con suo padre si trasferisce ad Ankara in cerca di lavoro e qui avvia un’impresa di decorazione edilizia. Nel 1929, per un’epidemia di ameba, scappa dalla Turchia e si reca a Parigi, dove continua il suo lavoro in edilizia, frequentando la locale comunità friulana del Petit Clamard e riportando le suggestioni prodotte dalla visione delle opere degli impressionisti e delle innovazioni apportate dalla pittura di Cezanne. Nel 1934 torna a Tricesimo per continuare la professione di decoratore ma, contemporaneamente, è sempre più attratto dalla pittura. Nel 1935 sposa Lesbia Brusini, sorella maggiore di Darmo e Alan personaggi di spicco negli ambienti culturali friulani. In questo periodo si trasferisce con la moglie a Roma dove svolge la duplice professione di decoratore e pittore. Dipinge da autodidatta e si interessa alle nuove correnti artistiche. Frequenta l’ambiente della Scuola Romana, conosce Mario Mafai e stringe amicizia con Giovanni Omiccioli. A Roma inizia veramente il suo impegno nell’attività artistica. Nel marzo del 1937 viene ammesso al Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti del Lazio e, prendendo parte alla VII Mostra Sindacale, da avvio alla partecipazione ad altre mostre collettive. Nel 1939, allo scoppio della guerra, torna a Tricesimo, dove resterà fino alla fine. Qui Primo si dedica quasi completamente alla pittura, dove lo studio dal vero diventa la principale occupazione e dove tratta indifferentemente la pittura ad olio e a tempera dedicandosi allo studio della figura umana, alle nature morte e al paesaggio, esponendo in varie collettive. Nel 1942 don Pividori, pievano di Vergnacco, gli affida l’incarico di decorare a fresco la volta del coro, la lunetta sopra l’altare maggiore e il ciclo della via Crucis. Su spinta del pittore e amico Fred Pittino nel gennaio del 1944 le sue opere vengono presentate in una mostra personale a Udine. È subito un successo di critica e di visitatori. Entra così nei circoli artistici locali, e nel maggio del 1947 propone la sua seconda personale con un catalogo curato da Arturo Manzano. Nello stesso anno è impegnato ad organizzare, con il cognato Darmo, la seconda edizione tricesimana della Settimana della Friulanità. Recensore della manifestazione per il Messaggero Veneto è Pier Paolo Pasolini che ha un giudizio favorevole nei confronti delle tele di Primo Dri e in particolare per il ritratto di A. “intensamente imbevuto di materia con quelle sue pennellate in disgregazione con quei suoi colori ostili alla luce ci mostra una malinconica A.”. Gli anni successivi lo vedono presente in numerose esposizioni nazionali e internazionali sia collettive che personali ma ad un certo momento trova opportuno dissociarsi e isolarsi in un lavoro autonomo nello studio di Tricesimo. Fissa i temi che sente più congeniali e che ha praticato fin dagli esordi e su di essi lavora. Al colore è affidato il compito di costruire le forme e di restituire la luce, luce che non deriva da una fonte esterna ma che è sprigionata dalle cose stesse che ne sono intrise. Nel maggio del 1957, Primo si ripresenta al pubblico Udinese con una personale. Da questo momento in poi, esperimenta nuove tecniche. Lavora soprattutto sui paesaggi, che mutano aspetto sulla tela: se prima ne coglieva il dato reale, ora guarda sì alla realtà circostante, ma la memorizza e la trasfigura sul quadro. Volumetrie definite, e ritmi geometricamente scanditi ma anche tanto colore che si fonde in un’armonia tonale. Scrive Serravalli nel 1968: “Dalla sua terra, il Friuli, riporta l’amore per la natura tradizionale di quei paesi, trattando una pittura centrata soprattutto sui problemi della luce e del colore. Il nome di Cézanne viene spontaneo, così come quelli di Soffici e Rossi e – magari – di Sironi e Carrà, insomma quella tendenza post-impressionista che fu chiamata, in Italia, pittura del Novecento”. Primo muore nel 1975.