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Dal 12 dicembre al 28 dicembre 2025

Udine, Spazio espositivo della Fondazione Friuli - dal 12 al 28 dicembre 2025 venerdì 16.00 - 19.00 | sabato e domenica 10.00 - 12.30 / 16.00 - 19.00

DORA BASSI, ERNESTO MITRI, NANDO TOSO e l’esperienza informale


La mostra dedicata a Dora Bassi, Ernesto Mitri e Nando Toso è come una fotografia ritrovata dove, in un luogo e per un’occasione particolari, un gruppo di amici si sono messi in posa per un ritratto. Il luogo è l’Arte del Novecento, l’occasione è l’Informale, stagione della pittura che - come spiega Carlo Argan - segna la crisi del pensiero occidentale dopo il furore dei totalitarismi e, in particolare, la crisi dell’arte come ‘scienza europea’. I nostri tre artisti parlano di questa crisi nei loro quadri costruiti tra gli anni Cinquanta e Sessanta del ‘900 e la cosa è evidente se andiamo oltre la superficie dei pigmenti depositati con maestria di spatola e pennello. A condurre il gesto, non più accademico ed educato, è la ricerca di forme quasi organiche o il tentativo di guadagnare spazi sul campo della tela dove far comparire, nella incertezza del proprio esistere, l’autenticità di una percezione del mondo. Va detto che a nessuno dei tre piaceva raccontare questo periodo fatto di scelte difficili, e di solitudine e incomprensioni con la critica e il mercato dell’arte che in Friuli cercava ancora immagini, racconti e luci della tradizione. Preferivano raccontarlo dalla fine, da un aneddoto perfetto per ironizzare sulla vita di tre artisti di ‘confine’ che si erano trovati faccia-faccia con i tumultuosi anni Sessanta. Ricordavano il critico Gillo Dorfles che dopo una conferenza, aveva dichiarato a tu-per-tu, proprio a loro che l’Informale era over, finito, perché la chiave interpretativa del contemporaneo stava ora nella Pop Art, una nuova pittura realistica, cinica, satirica, rumorosa. Era il 1962. Appena un anno prima Dorfles aveva girato l’Italia per presentare il suo libro sui pittori americani ed europei dell’Informale. Quel giudizio tranchant li aveva disorientati e convinti a non tentare un contradditorio per raccontare da dove venivano e perché l’Informale per loro non era un fatto di moda. Ernesto Mitri - nato nel 1907 - si era formato come artista nel Ventennio. Attraverso una solida istruzione aveva conseguito il diploma di maestro d’arte grafica e decorativa e da oltre trent’anni viveva di questa attività ma la sua ricerca da tempo privilegiava la pittura da ‘cavalletto’. Nel 1962 dava per scontato che lo scopo dell’arte non fosse solo la funzione commemorativa e illustrativa. Le figurazioni del mondo contadino, che i committenti continuavano a chiedergli per arredare interni e pareti di edifici pubblici, erano altra cosa da quello che sentiva come propria intenzione estetica. La potenza del segno, la profondità assoluta del colore erano fondamentali per sopravvivere come artista nella modernizzazione. Dora Bassi e Nando Toso all’Informale erano arrivati invece da un diverso processo di consapevolezza dovuto alla crisi del realismo e del formalismo. La conoscenza delle avanguardie del Novecento, le nuove poetiche esistenziali europee e americane erano alla base del loro ‘servirsi’ dell’Informale come possibilità liberatoria e straordinaria sintesi di alcuni problemi del linguaggio pittorico modernista. Nati nel 1921 appartenevano alla generazione che aveva vissuto come uno schianto la guerra, entrata nelle loro vite nel tempo della giovinezza e della formazione. Toso aveva imparato il disegno dal vero e la rappresentazione del paesaggio attraverso corsi privati, ma la guerra combattuta da ufficiale degli alpini aveva interrotto il percorso portandolo a vivere per due anni una terribile esperienza in un campo di prigionia in Germania. Il 17 novembre 1945 era comunque a casa e presente tra le forze giovani del nuovo circolo degli artisti che inaugurava a Udine una mostra collettiva. Dora Bassi non aveva avuto una vita felice per sua stessa ammissione. Sposata in piena guerra, negli anni Cinquanta era già separata dal marito con due figlie piccole. Aveva ricevuto una lunga formazione scolastica, svoltasi a Gorizia, poi nelle accademie di Firenze e Venezia con maestri dell’arte italiana del Novecento e nel dopoguerra aveva ripreso a dipingere aderendo al Neorealismo con un discreto successo, ma al tempo dell’Informale aveva già esaurito questa stagione. Dalla fine degli anni Cinquanta stava realizzando bassorilievi e sculture in terracotta per vari committenti. La manipolazione della creta e degli smalti risuonava nello stile ‘materico’, dei quadri informali che sembrano preparatori delle fusioni in bronzo e acciaio realizzate negli anni Settanta. Anche Toso entrava nell’ Informale con segni, strutture e testurizzazioni originali e orientati a rigenerarsi nella pittura degli anni Settanta, nelle larghe campiture di colori evocative di frammenti di immagini dai contenuti quasi spirituali. Serviva una mostra come questa per riflettere su tre artisti friulani capaci di intercettare idee comuni a una generazione di creativi che in vari luoghi del mondo cercavano una voce singolare e allo stesso tempo corale per ‘purificare’ l’atto del dipingere.