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Dal 17 dicembre 2011 al 26 febbraio 2012

Goriza, Museo di Santa Chiara

Dal paesaggio al territorio. L'arte interpreta i luoghi


La mostra, ripartita in tre sezioni, segue un percorso cronologico e tematico. Nella prima sono espresse le forme di rappresentazione del paesaggio nella pittura della prima metà del Novecento e nelle sue propaggini, con opere che vanno dal divisionismo di autori "minori", come Ramponi e Manganelli, alle attenzioni per il paesaggio italiano come luogo di manifestazione di identità locali e nazionali, negli autori dell’area del Novecento Italiano, come Tosi, Bucci, Carrà, Sironi, Soffici, e singolari attenzioni per ambienti specifici, la Torino di Casorati e Menzio, la Roma di Mafai, il mondo veneto di Moggioli, Semeghini, Guidi, fino alle rappresentazioni "metafisiche" di Zanini o alle evocazioni di Calderara e Music.

Nella seconda sezione sono presenti le nuove forme di "naturalismo" e di rapporto con evocazioni paesaggistiche nell’arte degli anni Cinquanta-inizio Sessanta. In quest’area, dove trovano manifestazione concreta le posizioni teoriche esposte in quegli anni da Lionello Venturi e da Francesco Arcangeli, si segnalano le opere di autori come Birolli, Santomaso, Morlotti, Moreni, Afro, tutte legate al ricordo o alla presenza di un motivo naturalistico, ma inclinate verso una libera espressione del colore e della forma, come avviene anche presso altri esponenti della variegata stagione dell’Informale. In questa sezione sono considerate anche le posizioni individuali di Baj, con il suo paesaggio "nucleare", o di Tancredi, per il suo eccentrico "naturalismo". A cerniera con il periodo successivo sono le posizioni di una nuova "oggettività" di stampo pop, con Schifano, e, in un certo senso, con Novelli e Cavaliere, nonché l’identificazione con un particolare aspetto della sicilianità in un’opera visionaria, più che realistica, di Guttuso.

Completano la mostra, nella terza e ultima sezione di cui essa è composta, le opere pittoriche, scultoree e fotografiche eseguite dalla fine degli anni Sessanta da autori che hanno affinità con il clima dell’Arte povera, come Gilardi, Penone e Fabro, o che indagano e rappresentano la sensibilità contemporanea nei confronti del rapporto fra natura e artificio, fra la dimensione personale e collettiva della qualificazione dell’ambiente, nelle realizzazioni di Vaccari, Patella, La Pietra, tutte registrazioni di interventi ambientali, o nelle riflessioni sul senso della pittura di paesaggio, nelle opere di Mondino, Arienti, Ciracì, fino alle indagini sul luogo nella sua qualità topografica o interrogativa, con i lavori di Vitone, Pietroiusti, Ballo Charmet. Accanto alle riflessioni storico-critiche sulle quali la mostra si fonda, il taglio proposto offre l’opportunità di considerare, con l’ausilio delle opere presentate, i mutamenti culturali nel considerare il "paesaggio" o il "territorio", non più quale luogo da contemplare, ma come modello di confronto di un’operatività concreta, che rispecchia un’analisi di tipo critico.