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La Trinità, la Beata Vergine e i santi Daniele e Michele


Autore: Lugaro Girolamo

Tipologia: Dipinto

Tecnica: tela/pittura a olio

Dimensioni: cm 235 x 323

Periodo: 1624

Girolamo Lugaro era ospite a S. Daniele delle famiglie Mylini e Sostero, nei cui palazzi aveva eseguito alcuni bozzetti e varie decorazioni, quando venne incaricato dal Consiglio dei XII, con l’approvazione del Consiglio d'Arengo, di eseguire un grande quadro (232x323 cm), raffigurante La Trinità, la Beata Vergine, i santi Daniele profeta e Michele arcangelo e l'arma del Comune di S. Daniele, da collocarsi nella Camera del Consiglio. Per tale opera il 29 settembre 1624 ricevette 55 ducati dalla Comunità. Il dipinto, che in origine era contenuto in una cornice fatta dagli intagliatori Comuzzo, si conserva ora in un salone del Monte di Pietà. Rappresenta un' allegoria della città di San Daniele, con la Trinità e la Vergine in alto tra nubi e angeli in volo recanti corone e serti di fiori e in basso le figure di san Daniele profeta inginocchiato sulla sinistra e san Michele in piedi sulla destra. Al centro l'arma della città, la veduta ideale della città di Babilonia e quella, più realistica, di San Daniele del Friuli, la più antica che le si conosca, con le case, i campanili, le torri alte sul colle coperto di fitta vegetazione. Avvolto da un manto svolazzante, il profeta Daniele tiene nella mano destra il berretto e nella sinistra un filatterio rivolto a san Michele sul quale corre la scritta: "ECCE. MICHAEL. VNVS. DE PRINCIPIBVS. PRIMIS". Alla sua destra, la raffigurazione dell’episodio biblico nel quale si racconta che “il re Nabucodonosor aveva fatto costruire una statua d’oro alta sessanta cubiti e larga sei, e l’aveva fatta erigere nella pianura di Dura, nella provincia di Babilonia. Quindi il re Nabucodonosor aveva convocato i satrapi, i prefetti, i governatori, i consiglieri, i tesorieri, i giudici, i questori e tutte le autorità delle province, perché presenziassero all’inaugurazione della statua” (Dan. 3, 1-2) ed aveva ordinato che la si adorasse. Avendo tre compagni di Daniele, Sadrach, Mesach e Abdenego rifiutato di adorare l’idolo, venero gettati in una fornace ardente, dalla quale peraltro uscirono incolumi, dimostrando con quale potenza il Dio degli ebrei proteggesse il suo popolo. La descrizione del Lugaro è a mezza strada tra il racconto e la favola: alta e snella la colonna su cui poggia la statua d’oro, bella la veduta della città dagli edifici bagnati di luce e adorni di portali in pietra, eleganti bifore e trifore, animata di notazioni di costume (dal balcone da cui si affacciano il re e i dignitari scende un arazzo di grande dimensione, mentre una gran folla, con un cavaliere in testa, fa il suo ingresso in città per assistere all’evento). Sulla destra della composizione, San Michele arcangelo, protettore della città, in abiti sfarzosi, e in un atteggiamento bellicoso che contrasta con serenità del volto, è rappresentato, secondo la consueta iconografia, nella sua funzione di pesatore delle anime dopo la morte, mentre nella mano destra impugna una spada e con un piede schiaccia l'orrendo demonio che gli si rivolge con sguardo carico di odio. In basso, al centro, lo stemma della città di S. Daniele del Friuli accompagnato dal motto “DISCITE IVSTITIAM”, ripreso – come afferma la Minozzi, da Virgilio (“Discite iustitiam moniti, et non temnere divos”, Eneide VI, 620); più sotto, una scritta ricorda il committente e l’anno di esecuzione: "IOANE PERISSINO IVRATO 1624". Gradevole per la bella apertura paesaggistica al centro della composizione, anche se privo di respiro per l’eccessivo affollamento di figure, impaginate entro una macchinosa scenografia, il quadro rientra in quel genere di pitture di committenza pubblica che tra Cinque e Seicento fiorirono nell'intero Stato veneto.