Patrimonio Culturale

Patrimonio Artistico

Cerca tra le opere

La pudicizia


Autore: Minisini Luigi

Tipologia: Statua

Tecnica: marmo di Carrara/scultura

Dimensioni: cm 135 x 34 x 47

Periodo: 1854

Nel 1848, mentre era ancora nello studio di Luigi Ferrari, allora docente di scultura all’Accademia di Belle Arti, Luigi Minisini modellò un gesso raffigurante La Pudicizia che fu presentato e premiato nel 1851 all'Esposizione di Belle Arti di Venezia, e poi, su commissione dell'archeologo udinese Francesco Antonini (che però in seguito rifiutò il lavoro) felicemente tradotto in marmo: la Pudicizia ottenne quindi il gran premio della medaglia d'oro in statuaria al concorso veneziano del 1854. Come scrisse Francesco Dall’Ongaro, fu particolarmente ammirata all'Esposizione Universale di Parigi del 1867: "Nessuna delle statue di donna, che visitarono Parigi nel 1867 era degna di competere con questa per la gentilezza e l'ingenuità del concetto: e poche la eguagliavano nella squisitezza dell'esecuzione." L'opera ottenne subito il largo consenso della critica: Jacopo Scolari le dedicò un sonetto, il commediografo Teobaldo Ciconi le riservò un intero articolo dai toni altamente elogiativi (giustificati in parte dall’essere sandanielese come lo scultore), riprendendo il pensiero e le parole stesse adoperate dal Minisini per presentare la sua opera ("volendo raffigurare il Pudore, ho supposto una fanciulla nell'età dell'innocenza e del prossimo sviluppo delle passioni umane, la quale trovandosi presso uno stagno d'acqua per lavare il suo corpo, vi viene distratta dall'apparire improvviso di persona d'altro sesso") (cfr. Patriarca, 1958 p. 64), e spiegando il significato: "Immaginate una fanciulla, sui quindici anni, nell'epoca della vita della donna in cui l'innocenza - mi si conceda la frase - cessa di essere una condizione naturale, istintiva, per assumere le qualifiche della virtù. Questa creaturina, piena del prestigio della vergine e del candore dell'angelo, nell'atto di uscir da un lavacro vien sorpresa da giovane uomo, il cui solo approssimarsi è un attentato alla di lei pudicizia. Ma ella non ricorre ai mezzi che sarebbero propri della donna adulta innanzi ai pericoli tesi alla sua onestà: ella non si allarma, non minaccia, non fugge. La sua pudicizia è quella che ha portato dalla natura, non l'altra, appresa dall'educazione, o suggerita dai rispetti umani. E' pudicizia che trova in sè stessa i modi più sicuri della sua difesa. La fanciulla si fa usbergo della camicietta candida come il cuore, della mano opposta al viso in foggia dolce e moderata, degli occhi che si chiudono con previdente riserbo, del corpicino intero, il quale si posa e piega in modo da far conoscere come l'agitazione da cui trovasi invaso, sia conseguenza d'un sentir delicato, non altrimenti esprimibile. Non voler udire, né vedere, né lasciarsi vedere: ecco i tre atti che troviamo espressi distintamente nella statua del Minisini, e nei quali si epiloga la rappresentazione più vera e razionale che possa darsi del sentimento della Pudicizia." E’, in definitiva, - per adoperare le parole con cui De Micheli commenta La Fiducia in Dio di Lorenzo Bartolini – “uno stupendo corpo di ragazza, inconsapevole della propria bellezza che tuttavia offre agli sguardi, indifesa ma ardita nella sua nudità, innocente ma al tempo stesso come presaga d’amore”( M. De Micheli, La scultura dell’Ottocento, Torino 1992, p. 71). Nel gran discutere intorno alla statua si inserì anche la “Gazzetta di Venezia” che rimarcò come “fuvvi taluno il quale avrebbe desiderato età più matura nella fanciulla scolpita, argomentando che in que’ primissimi anni il pudore non sia virtù ma ignoranza; però costoro non posero mente alla differenza, che passa fra pudicizia e pudore; questo terreno transitorio; quella celeste, immortale”(riportato ne “L’Annotatore Friulano” II, 1854, p. 296). L’opera fu presente anche all’Esposizione di Udine del 1903. Emblematico esempio del gusto che informava l'arte del secondo Ottocento in Friuli (ma non solo in Friuli), è scultura tra le più significative di un artista apprezzato in vita, per il tono poetico che pervade le figure della sua vasta produzione, eseguite con tecnica raffinatissima, ispirate ad ideali di classicità, rese morbide dai delicati effetti luministici, splendidamente riprodotte in fotografia da Luigi Pignat all'inizio del Novecento. E’ il caso qui di ricordare che il Minisini curava l’aspetto esteriore delle sue opere in modo quasi maniacale: singolare in proposito l’avvertimento apparso su un giornale locale (“L’Annotatore Friulano” I, 1853, p. 261) nel periodo dell’Esposizione di Belle arti di Udine del 1853: “Si prega i visitatori dell’Esposizione, a nome dello scultore Luigi Minisini, di volersi astenere dal toccare in qualsiasi modo la Statua, la Gratitudine; e ciò per motivo che alle volte il marmo potrebbe restarne offuscato.”