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Ritratto di Francesco di Toppo


Autore: Pittino Gifredo detto Pittino Fred

Tipologia: Dipinto

Tecnica: tela/pittura a olio

Dimensioni: cm 80,5 x 65 - dipinto con cornice: cm 94,5 X 78,5

Periodo: 1975 - 1990

Il numero stesso dei ritratti firmati da Fred Pittino, tra quelli appartenenti alla Collezione, testimonia della notorietà e della stima di cui il pittore di Dogna godeva presso l’ambiente udinese. Stima peraltro ben risposta, e costruita su molti anni di lavoro esercitati sia, appunto, sul tema del ritratto, come sulle tante nature morte e i tanti paesaggi che erano passati in numerosissime mostre udinesi o regionali – per parlare, naturalmente, delle occasioni effettivamente visibili al pubblico che, dagli anni Venti in poi, ha seguito le vicende del pittore. Che poi Pittino sia stato un gran ritrattista, basterebbe per testimoniarlo aver presenti taluni capolavori del genere, dall’antico (1929) Ritratto della madre, straordinario nella sua oggettiva, essenziale secchezza, all’Autoritratto del 1932, enigmatico e scavato, a opere più recenti che tornano sì nell’alveo di una tradizione in senso lato veneta, ma che rimangono assai ricche non solo di sapienza, ma anche di verità. Per esempio, appartenenti alla Collezione, il Ritratto di Giuseppe Segala e il Ritratto di Franco Longo, il primo essenziale nell’impaginazione, finissimo nel gioco dei grigi richiamati sul volto dai brevi colpi di luce che danno vitalità ad un’espressione per il resto ferma nella tensione della posa; il secondo ambientato con essenzialità, ma con molta finezza, tra il gioco dorato dei libri sulla sinistra, il viola della poltrona che si ripete, per essenziale equilibrio cromatico, sulla cravatta della persona, lo sfondo che a sua volta richiama i grigi e i dorati. Anche questo volto è realistico, solido, costruito con un colore lavorato e vivo che dà forza, ma che nello stesso tempo rispetta l’essenziale interiorità della figura. Questi due, assieme a quello di Luigi Fabris, sembrano a noi i migliori dei ritratti della Collezione firmati da Pittino. Non che non traspaia, anche da tutti gli altri, il valore professionale dell’artista, che impagina sempre con attenzione e una certa intima vitalità le sue figure. Ma è chiaro che l’immagine di partenza, costituita da vecchie fotografie, non avrà potuto meglio esercitare le capacità del pittore, stretto tra la volontà dell’interpretazione e la necessità di una verosimiglianza non indagata nella concreta presenza della persona.